L’Islanda d’inverno: Viaggio al centro della Terra (gennaio 2017)

“Scendi nel cratere dello Snaeffelsjokull, che l’ombra dello Scartaris viene a toccare alle calende di luglio, audace viaggiatore, e arriverai al centro della terra. Il che ho fatto”.

Inizia così il nostro terzo giorno in Islanda, proprio come raccontava Jules Verne nel suo “Viaggio al centro della Terra“.  Il viaggio verso la penisola Snæfellsnes, dove è ospitato il vulcano che funge da porta d’ingresso nella Terra è bello lungo da Reykjavik. Impiegheremo infatti più di 3 ore per raggiungerlo, percorrendo i circa 180 km che ci separano dalla parte più a ovest della penisola. La giornata non è delle migliori, troveremo anche un po’ di neve lungo la strada, ma sarà il vento forte a tenerci compagnia per tutto il tempo. Lungo il tragitto faremo il nostro primo approccio verso gli “inferi”, scenderemo infatti a -165 m, lungo il tunnel sottomarino di Hvalfjörður. Il tunnel ha una lunghezza di 5.770 m, ed ha la particolarità di essere l’unica strada a pagamento dell’intera Islanda (circa 1000 Kr.). Altra caratteristica del tunnel sottomarino, è il casello di pedaggio unico, posto all’uscita o all’ingresso in funzione della direzione di percorrenza. Noi lo faremo solo all’andata, per il ritorno invece percorreremo tutto il fiordo di Hvalfjörður, allungando il tragitto di circa 40 km.

Una volta passato il tunnel, faremo una piccola sosta a Borgarness e da qui verso la famosa chiesetta nera di Búðakirkja nel villaggio di Búðir, prima di raggiungere la nostra meta. Il viaggio lungo le strade che ci separano dal vulcano, inizia ad essere piuttosto complicato. Il vento è forte, fortissimo e sposta la nostra piccola Hyundai come se avesse le mani. I cartelli stradali, danno sempre informazioni utili oltre alle distanze. Indicano infatti la velocità del vento, se è il caso di proseguire o meno in quella direzione, ma soprattutto ti ricordano sempre che guidare in Islanda non è una cosa così banale. L’alternanza meteorologica quotidiana è qualcosa di indescrivibile, così come lo sono le condizioni delle strade. Si va dal “nuvoloso andante” al sole, passando per: pioggia, grandine, neve, vento e poi ancora ghiaccio. Tutto in pochissimo tempo e per più volte al giorno. Per noi oggi sarà sempre così, ed è anche per questo che non è consigliabile affrontare questo tipo di viaggio in inverno e da soli.

Lasciata Reykjavik ormai da un bel po’, il territorio cambia, trasformandosi in qualcosa di semplicemente straordinario. Nella penisola del Snæfellsnes si incontra un concentrato dell’intera Isola: ghiacciai, campi di lava, cascate, vulcani, villaggi di pescatori e le immancabili spiagge nere. Il tutto in pochissimi km. In questa piccola nazione “formalmente” europea, anche i concetti di spazio e spostamento sembrano essere diversi, tanto quanto è surreale il paesaggio lontano dalla Capitale urbanizzata.

Visitata la bella chiesetta nera di Búðakirkja, tanto graziosa quanto circondata dal nulla più assoluto, siamo pronti ad affrontare la nostra escursione. Ci dirigiamo ai piedi del vulcano, dove lasceremo la macchina, ma non prima di aver indossato delle calzature adatte all’escursione.

L’escursione, va detto, è possibile praticarla fino alla sommità solo con una guida. Mentre è possibile salire fino a circa metà di essa percorrendo un sentiero, che in queste condizioni climatiche si rivelerà tutt’altro che semplice.

La pioggia mista a neve e il sentiero ghiacciato, renderanno molto più complicata la nostra salita. Senza contare, che tutta l’area del Parco Nazionale Snæfellsjökull è avvolta dalla nebbia. Questa ulteriore variabile, limiterà e non poco la nostra idea iniziale. Arrivati infatti nel punto stabilito (dopo qualche scivolone sul ghiaccio), siamo costretti a desistere e tornare indietro. La visibilità è quasi prossima allo zero, nonostante siano solo le due e mezza del pomeriggio, la luce diurna inizia a diminuire a vista d’occhio.

A conti fatti, ci resta solo un’oretta per scendere e tornare al parcheggio prima di perderci. Lungo la salita e poi la discesa, abbiamo incontrato una coppia di giovani scozzesi, non molto ben equipaggiati per affrontare questo tipo di escursioni e forse anche un po’ sprovveduti, a dirla tutta. Ma abbiamo sempre avuto la percezione, che la vicinanza di entrambi, fosse un riferimento gradito in queste condizioni ambientali.

Arriviamo al parcheggio che ormai è quasi buio. Siamo felici e soddisfatti, perché tra mille difficoltà, siamo riusciti nella nostra piccola impresa. Consapevoli che con un po’ più di fortuna e forse trovando un periodo leggermente migliore, si poteva decisamente puntare alla vetta o al centro della Terra (dipende dai punti di vista…!).

Il viaggio di ritorno, complice la scelta di percorrere il fiordo di Hvalfjörður e l’idea di dormire a Selfoss (per essere domattina relativamente più vicini al Sud dell’Islanda), si trasformerà in un trasferimento di 5 ore e circa 300 km. In realtà avevamo anche fatto un tentativo, a circa metà del fiordo, di percorrere una strada sterrata, la Route 461, che ci avrebbe portato lungo la strada per Selfoss o comunque molto più vicino, tagliando dietro Reykjavik. Percorsi però qualche decina di km della strada, abbiamo saggiamente deciso di tornare indietro e riprendere la più affidabile Route 1. L’unica strada percorribile in sicurezza in quasi tutte le condizioni possibili. Infatti, a differenza di molti paesi le cui principali arterie stradali consistono in enormi autostrade a corsia multipla, la Ring Road islandese, è una caratteristica strada a sole due corsie. Una sorta di anello (Ring Road appunto) che percorre tutta l’isola, circondata da luoghi incantati e che vi porterà ovunque.

Il meteo, anche stasera non sarà dei migliori, dunque nessuna Aurora in programma. La pioggia, che non ci sta’ dando tregua, continuerà incessante per tutta la notte.

Domani ci aspetta il Sud dell’isola, sicuramente la parte più conosciuta dell’Islanda.

Lascia un commento