L’Islanda d’inverno: il caffè di Grindavík, la Blue Lagoon e il buio assoluto (gennaio 2017)

Dopo aver caricato tutto in macchina, siamo pronti a partire, oggi sarà il nostro ultimo giorno in Islanda. Dopo cinque giorni passati a queste latitudini, la nostra mente inizia ad essere satura di immagini straordinarie e di ricordi fortissimi, che ci riempiono di emozioni. La stanchezza inizia a farsi sentire, ed oggi non è un caso se ci concederemo un po’ di relax (si fa per dire). Nel breve briefing mattutino, scarteremo l’idea originaria di arrivare alla bellissima laguna glaciale di Jökulsárlón, e poi da lì, fino al vicino villaggio di Höfn. Questo cambio al programma (circa 3 ore e quasi 200 km di spostamenti), ci consentirà un ritorno più agevole verso la regione del Reykjanes, ma soprattutto una lunga escursione sul ghiacciaio Sólheimajökull all’interno del Katla Geopark. La prima parte del viaggio di ritorno la dedicheremo però alla collinetta che sovrasta Vík, con vista sui caratteristici faraglioni e la sua splendida chiesetta rossa (la Reyniskirkja Church). Fatte le nostre riflessioni e trovata la risposta, del perché dietro ogni chiesa sia presente un cimitero, ci muoviamo verso il ghiacciaio.

Qua il paesaggio cambia di colpo, e non nascondo che a me fa un effetto strano. Io che ho avuto la fortuna di vedere i ghiacciai della Patagonia Cilena e Argentina, resto un po’ interdetto dalla visione di un ghiacciaio “calpestabile”. Ma l’isola vive anche di turismo e qualcosa dovranno pur offrirla ai turisti che arrivano fin quassù. Allora ben venga anche questo tipo di esperienza, ma con moderazione. Si spera. E poi, il ghiaccio dei ghiacciai in Islanda non ha quel candore a cui ero abituato, ma visto il contesto vulcanico dove ci troviamo, non poteva essere altrimenti. Ad ogni buon conto, all’approssimarsi del ghiacciaio è presente un piccolo gabbiotto, dove è possibile prenotare la visita comprensiva di guida e ramponi, per affrontare in sicurezza l’escursione. Ma proprio mentre facciamo la fila, riconosciamo un “parlato” familiare. La voce è di una ragazza di Catania, che ci dice un po’ della sua vita, ci racconta di come si possa vivere in Islanda per 6 mesi all’anno, alternando il sole del Mediterraneo della splendida Sicilia, al buio dell’inverno islandese con assoluta disinvoltura. Straordinaria lei,  straordinario il suo racconto.

Ai piedi del ghiacciaio, le guide danno consigli su come affrontare la passeggiata, su cosa può e non può essere fatto e si assicurano che i ramponi siano ben fissati prima di partire. L’esperienza in sé è bellissima, ma il ricordo del rispetto verso la natura, alla fine ha il sopravvento su di me. Per la prima volta, non mi trovo d’accordo con il mio compagno di viaggio, estasiato invece dall’esperienza. Pazienza, prima o poi doveva capitare. Colpa mia e della Patagonia!

Mezzogiorno è passato da poco, dopo aver pranzato al volo, riprendiamo il nostro cammino verso la penisola di Reykjanes. Durante il tragitto di circa 3 ore ci fermeremo più volte per ammirare la fantastica costa meridionale dell’isola. Incontreremo i centri abitati di Eyrarbakki, Thorlakshofn, Grindavík (con il suo caratteristico porto) e Vogar. Proprio a Grindavík ci capitano due cose incredibili: la prima è che riusciamo finalmente a fare rifornimento con la carta (la mia…!), ma soprattutto riusciamo a prendere un caffè che vagamente ricorda il nostro di caffè.  Segnali forse, che la via del ritorno ormai è vicina.

Tra Grindavík e Vogar si trova la famosissima area termale della Blue Lagoon, ma a differenza di quanto si possa immaginare, non è una piscina termale naturale. La struttura che ospita i visitatori è moderna, accogliente ed offre tantissimi servizi: docce, area benessere per massaggi, sauna, bagno turco, bar e ristoranti vari. Una specie di Disneyland, che fa a botte con il contesto naturale. Anche per la Laguna vale lo stesso discorso fatto per i ghiacciai. Il potere del turismo di massa e di quello del lusso è anche questo. Ahimè! L’Islanda fortunatamente, è però letteralmente piena di vasche naturali, dove immergersi e rilassarsi completamente. Il tutto senza spendere una fortuna, in un contesto che rende giustizia alla bellezza della natura intorno.

Lasciamo la Blue Lagoon e ci dirigiamo in Hotel, a Reykjanesbær. Scelto perché vicino all’aeroporto, e anche perché da lì è possibile raggiungere in circa 10 minuti il paesino di Sandgerði. Dove ceneremo al mitico Vitinn, un ristorante in stile marinaresco con una terrazza vista Atlantico (impraticabile però in inverno). La cena si rivelerà una vera e propria esperienza, tutto è freschissimo e cucinato bene, forse troppo speziato per i nostri canoni, ma molto molto buono. E poi lo Chef, un “personaggio”, che al nostro (mio in realtà) appunto sull’uso smodato delle spezie mi risponde così: “chi mi dice tanto, chi mi dice poco, qua si cucina così. Niente storie!”.  Poi un sorriso enorme e una stretta di mano affettuosissima, che la dice lunga su quanto sia fiero di appartenere a questo popolo e alle sue tradizioni. Giusto così!

Salutiamo, e il dopo cena lo dedichiamo a dare la caccia all’Aurora Boreale passando dal caratteristico paesino di Garður e i suoi fantastici fari. Della nostra “amica” neanche l’ombra, ma in compenso troviamo la strada completamente ridotta a pista di pattinaggio, dove è impossibile restare in piedi e un buio che più buio non si può. Una sensazione stranissima quella di non avere la percezione di ciò che si ha intorno.

Torniamo in Hotel per la notte, che passa tranquilla e stranamente più silenziosa del solito. Al risveglio la sorpresa, la neve aveva imbiancato tutto. Mi precipito a pulire il vetro ghiacciato della macchina e a riscaldarla, mentre chi mi accompagna con la sua flemma fa colazione con calma.

Riusciamo a raggiungere l’aeroporto in tempo utile per lasciare la macchina, fare i controlli sicurezza e dare uno sguardo al duty free dell’area imbarchi. Saliti sull’aereo, facciamo il de-icing direttamente nella piazzola di sosta e siamo pronti per il decollo.

Sono le 9 del mattino e lasciamo l’Islanda ghiacciata, come il nostro aereo e la pista dell’aeroporto.

Il viaggio di ritorno durerà 14 ore esatte, tra scali e cambi di aeroporto vari. Faremo scalo a Londra, dove il pullman-navetta che ci porta dall’aeroporto di Gatwick a quello di Heathrow resterà senza gasolio (capita anche qua) e poi ancora a Roma, prima di raggiungere la nostra destinazione finale.

Non abbiamo visto l’Aurora, ma abbiamo trovato un paese straordinario e incontrato della gente capace di rendere vivibile e ospitale un’isola caratterizzata da spettacolari paesaggi fatti di: vulcani, geyser, aree termali e campi di lava. Ma soprattutto un popolo che dimostra, utilizzando strumenti assolutamente democratici (referendum), che è possibile attribuire anche ai cosiddetti “poteri forti” le proprie responsabilità in caso di crac finanziari. Questo è quello che è capitato in Islanda, uno degli ultimi paesi occidentali ad aprirsi ai mercati internazionali, ma uno dei primi a subirne la crisi e a superarla. L’Islanda tutta è un inno alla sovranità nazionale, che appartiene al popolo e troppo spesso invece noi ce ne dimentichiamo. Ma questa è un’altra storia…

L’Islanda resta proprio un bel paese da scoprire, se possibile anche un paese dove tornare. Cosa non scontata dopo un viaggio!

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